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Templari a Torino: trovate le prove
Ci sono luoghi carichi di storia e ricchi di suggestioni, e ci sono persone che sanno interrogare il passato. Uno di questi luoghi è il Monte dei Cappuccini a Torino, una di queste persone è padre Luca Isella, che dal 1987 studia la storia di questo Monte. Lo chiamano Monte, in realtà è una collinetta sul lato destro del Po, che per la sua posizione, che domina le vie d'accesso a Torino, ha avuto nei secoli grande importanza strategica, ben prima che i cappuccini vi si insediassero nel 1583 per volontà di Carlo Emanuele I duca di Savoia. Il convento attuale è l'ultima costruzione lì eretta, dopo i resti di un culto pagano, quindi la chiesa romanica dedicata alla Vergine Maria e l'antica "bastita" (muro di fortificazione) rifatta nel XIII secolo per ordine dell'imperatore Federico II. Di questo e d'altro si è interessato padre Luca dal 1987, e ogni incontro con lui è un tuffo nell'inedito. Ogni volta in chi lo ascolta fa nascere la voglia di scoprire altre novità nascoste dentro i muri del convento. E lui, novello Sherlock Holmes, con i suoi fidati collaboratori, passo dopo passo, attraverso indizi che a un profano parrebbero insignificanti, scopre qualcosa in più. L'équipe è formata dallo stesso Isella, dall'antropologo Renato Grilletto, dall'ingegner Mauro Lanza e da Carla Amoretti, che prosegue l'opera del padre, il generale Guido Amoretti, archeologo, appassionato studioso della Torino sotterranea. L'affiatata équipe ha scoperto notizie che nessuno conosceva o che erano sepolte sotto la cappa dei secoli. Ad esempio, sapevate che al Monte di Cappuccini hanno dimorato i Templari? Per la prima volta la presenza templare a Torino, su cui c'era qualche testimonianza documentaria, diventa cronaca confermata da reperti. Sì, i templari, proprio quelli resi tristemente "celebri" dal «Codice da Vinci» di Dan Brown e intorno a cui nei secoli sono fiorite tante fosche leggende. La storia, quella vera, non quella delle fiction, ci dice che i Templari o Cavalieri del Tempio furono uno tra gli ordini monastico-cavallereschi fondati nel Medioevo per difendere la cristianità ed evangelizzare non solo con la parola, ma anche con la spada; nacquero in Francia con lo scopo di difendere la Terra Santa all'epoca delle Crociate. Ma oltre che a Gerusalemme, specie dopo che i Turchi la riconquistarono, i Templari furono sparsi in tutta Europa, con funzioni rilevanti in Francia e con una buona presenza anche in Italia. In Piemonte si contano ben 54 residenze dei Cavalieri dell'Ordine. I documenti attestano la loro presenza dal 1156 a Torino e al Monte dal 1204 per ordine del Vescovo e del Comune; avevano ai loro ordini dei soldati e presiedevano al controllo e alla difesa della città e si può dire che svolgessero le funzioni oggi svolte dai carabinieri. Dovevano controllare tutto l'oltre Po, da Sassi a Cavoretto, e la “bastita” era il punto centrale di snodo delle strade. Le milizie che il Comune metteva a disposizione erano dirette dai templari, supervisori. Rimasero fino al 1314 dopo che l'Ordine fu sciolto dal papa francese Clemente V, su pressione del re di Francia Filippo IV il Bello, che ne incamerò i beni. Seguirono processi e accuse di eresia, che contribuirono a dare ai templari quell'alone di mistero presente nelle rievocazioni romanzate. La presenza dei Templari al Monte ha trovato conferma nel 1992, quando padre Isella, nel corso di lavori di scavo, nell'angolo sud del bastiglione, attuale giardino superiore, in quello che era il primitivo cimitero della bastita, vicino all'antica chiesa medioevale ha trovato alcuni oggetti sicuramente appartenuti a un templare; si tratta di un cucchiaio in rame lavorato, marchiato con la "Croce Patente", emblema dell'Ordine, e di un piatto in ceramica monocroma verde, con graffita la stessa croce; pochi mesi prima del ritrovamento erano stati rinvenuti, non lontano, più frammenti di un bacino, ovvero un decoro murario in uso sulle facciate o sui campanili delle chiese, raffigurante il nodo di San Giovanni, simbolo templare. I reperti sono stati oggetto di studio per un ventennio ed ora sono resi noti i risultati. A questo punto si impone un altro collegamento importante fra i reperti ritrovati e la notizia, appurata da padre Isella, che in quello stesso punto nel 1943 il frate giardiniere trovò uno scheletro che a prima vista apparve molto antico. Mettendo insieme le due circostanze, si può desumere che i due oggetti facessero parte del piccolo corredo di sepoltura dell'uomo lì sepolto. Molto probabile che quelle ossa fossero appartenute a un personaggio di rilievo dell'Ordine; lo proverebbe il fatto che tali oggetti non fossero di uso comune, in specie il cucchiaio di rame, ma fossero destinasti a un personaggio di rango. Questo ritrovamento è stato per padre Isella lo spunto per andare oltre nella sua ricerca riguardante i Templari ed arrivare a un'altra affascinante scoperta. Nella Biblioteca nazionale di Torino è custodito un manoscritto del XII sec. (Manoscritto D. VI.10), conosciuto col nome di «Sermones Subalpini». È un fortunato ritrovamento che risale circa a 100 anni fa, ripubblicato dal Centro Studi Piemontesi nel 2004 a cura di Silvana Delfuoco e Piergiuseppe Bernardi, che ne hanno dato una versione integrale in lingua italiana, con trascrizione del testo originale a cura del compianto prof. Giuliano Gasca Queirazza s. j. I «Sermoni subalpini», modelli di omelie scritte principalmente per formare i candidati al sacerdozio, hanno uno straordinario interesse in quanto sono la più antica opera codificata della lingua piemontese, di due secoli più antica del «De Vulgari Eloquentia» di Dante. Anche se Dante definì l'opera «turpissima», formò i predicatori templari dei due versanti alpini. Da notare che fra il 1179 e il 1190 fu piemontese anche il loro comandante generale, con sede a Vercelli. Era il «Precettore d'Italia» Robaldo da Moncalvo. Dato che nelle sedi di precettoria templari erano molto pochi i sacerdoti rispetto ai soldati, si può ritenere che i «Sermones», scritti su ordine del papa Alessandro III, fossero proprio destinati ai Templari dell'arco alpino. Ma padre Isella rafforza l'ipotesi esaminando il testo dell'opera e scoprendo analogie inconfutabili tra l'architettura dei «Sermones» e della Regola templare: obiettivi, metafore, riferimenti biblici trovano una sorprendente corrispondenza, di cui lascia l'approfondimento ai filologi. Su questi elementi si basa la sua attribuzione dei «Sermones subalpini» allo stesso Robaldo di Moncalvo. «Ma quale è il senso ultimo di queste ricerche?», chiediamo a padre Luca. «Il senso è ripristinare la verità storica e scoprirne il senso religioso, liberando i templari dalle incrostazioni letterarie e cinematografiche che ne falsificano l'identità. Questo è l'Anno della fede e al Pontefice sta a cuore la riscoperta delle radici cristiane dell'Europa e nei vari Stati europei. Quindi questo documento mostra che la fede ha avuto, come ha oggi, un ruolo fondamentale nell'animare il cammino delle persone». Speriamo che possano proseguire le indagini sul Monte, che riservano chissà quante e quali scoperte ancora. Gianna Montanari
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