Cala la mortalità infantile: avanti così

 La mortalità infantile si può (e si deve) azzerare. Il nuovo Rapporto 2012 dell’Unicef, «Committing to Child Survival: A Promise Renewed», evidenzia una generale diminuzione del livello di mortalità infantile: lo scorso anno erano 22 mila i bambini sotto i cinque anni che morivano ogni giorno, oggi sono 19 mila.

Un segnale incoraggiante nella lotta al fenomeno che, nonostante sia ancora drammaticamente presente in diverse aree del mondo, getta spiragli positivi per il futuro. L’imperativo è chiaro: mai abbassare la guardia, perché la sfida non è ancora vinta. Le vite di milioni di piccoli sotto i cinque anni potrebbero, infatti, essere salvate con soluzioni accessibili e a basso costo: vaccini, adeguata nutrizione, assistenza medica. Ci aiuta ad esaminare i risultati della ricerca, e le iniziative in atto, il portavoce dell’Unicef Italia, Andrea Iacomini.

I dati indicano un calo della mortalità: significa che è stata intrapresa la strada giusta per debellare questa piaga?

Direi di si. L’obiettivo che continueremo a perseguire con crescente tenacia è proprio l’azzeramento. La strategia per la sopravvivenza e lo sviluppo della prima infanzia ha portato negli anni risultati prodigiosi, e i dati che ne derivano mostrano chiaramente che lo zero per cento di mortalità infantile è tutt’altro che una meta ideale, è ciò che possiamo scorgere distintamente nel momento in cui porgiamo lo sguardo ai fatti.

Quali sono gli aspetti più significativi che emergono dal Rapporto?

Anzitutto la progressiva efficacia degli interventi che in questi anni si sono susseguiti in modo continuativo. In secondo luogo, la globalità dei risultati. L’enorme calo della mortalità infantile, come evidenziato dalla ricerca, si è verificato e continua a verificarsi trasversalmente, unendo sotto la stessa prospettiva Paesi distanti sia geograficamente che economicamente. Paesi a basso reddito come il Bangladesh, la Liberia e il Ruanda, Paesi a medio reddito come il Brasile, la Mongolia e la Turchia, e Paesi ad alto reddito come l’Oman e il Portogallo hanno realizzato notevoli progressi, riducendo il loro tasso di mortalità sotto i cinque anni di più di due terzi tra il 1990 e il 2011.

Come è cambiato lo scenario mondiale negli anni?

Il numero dei bambini sotto i cinque anni che muoiono ogni anno è sceso da 12 milioni nel 1990 a 6,9 milioni nel 2011. Il tasso mondiale di mortalità sotto i cinque anni è calato da 87 decessi ogni mille nati vivi nel 1990 a 51 nel 2011. Un numero che è da leggersi con una duplice valenza. Se da un lato, infatti, ne deduciamo ottimisticamente che il flagello della mortalità infantile può essere annichilito, dall’altro restiamo consapevoli che il male contro cui lottiamo si avvale di ostacoli sociopolitici spesso impeditivi, e che il nostro sforzo per il loro abbattimento deve continuare a moltiplicarsi.

Cosa intende per ostacoli sociopolitici?

Sottolineare quanto sia fondamentale che i governi si impegnino maggiormente per evitare queste morti. Sovente dunque le iniziative messe in campo non sono sufficienti o almeno non lo sono ancora del tutto.

Quali sono le maggiori cause di mortalità infantile?

A livello globale, la principale è la polmonite, malattia che provoca il 18% di tutti i decessi sotto la soglia dei cinque anni d’età. Seguono le complicanze dovute a parti pre-termine (14%), la diarrea (11%), le complicanze durante il parto (9%) e la malaria (7%). Inoltre, è necessario sottolineare come più di un terzo dei decessi che coinvolgono bambini con meno di cinque anni sia legato alla malnutrizione.

Quali Paesi sono più colpiti?

L’Africa subsahariana e l’Asia del Sud. In otto dei dieci Paesi con i più alti tassi di mortalità sotto i cinque anni sono in corso conflitti o situazioni di forte instabilità.

Che tipo di azioni intraprendere per contrastare il fenomeno?

Il programma di lotta alla mortalità infantile ha tracciato un solco entro cui occorre continuare ad agire, ma con maggiore intensità. La vera urgenza è quella di potenziare ulteriormente gli effetti di un’azione che è già in atto.

Quali sono le iniziative messe in campo dall’Unicef a tale scopo?

La strategia globale mira a rendere ancora più capillare l’erogazione di un pacchetto di interventi salvavita attraverso servizi di assistenza diretta condotta da operatori sanitari all’interno delle comunità locali: campagne di vaccinazione, somministrazione di micronutrienti, distribuzione di zanzariere, visite pre e neo natali. Parallelamente a questo tipo di operazione che potremmo definire estrinseca, l’Unicef si propone di attivare a livello familiare, attraverso campagne di sensibilizzazione e di formazione, alcune pratiche di cura dei bambini, semplici ma fondamentali, come l’allattamento al seno, la cura dell’igiene personale ed ambientale, il corretto uso delle zanzariere. Queste sono attività che non richiedono la presenza di personale sanitario e che devono diventare quotidiane nelle famiglie più esposte al dramma della mortalità infantile. Inoltre, sotto lo slogan «A Promise Renewed» («Una promessa rinnovata»), sta crescendo un movimento globale che vuole porre fine alle morti prevenibili di bambini, impegnandosi ad agire per accelerare i progressi nella riduzione della mortalità neonatale, infantile e materna. Da giugno più della metà dei governi di tutto il mondo, Italia compresa, ha sottoscritto e rinnovato l’impegno per la sopravvivenza dei bambini.

In Italia com’è la situazione?

Possiamo certamente affermare che il nostro Paese si trova tra i primi venti con tasso di mortalità infantile sotto i cinque anni più basso al mondo. Dal 1990 al 2011 tale tasso si è ridotto del 62%, passando da 10 a 4 bambini morti per ogni mille nati vivi.

Su quali altri versanti a difesa dell’infanzia è impegnata l’Unicef?

Abbiamo attivato in 156 Paesi programmi di sostegno alla salute, all’istruzione, lotta alla malnutrizione. I fronti in cui oggi siamo maggiormente impegnati sono in Sahel, dove la forte instabilità rischia di mietere milioni di vittime tra i bambini a causa della malnutrizione, e in Siria, dove la guerra vede ancora morire i bambini senza alcuna prospettiva di pace.

Sarah Tavella

 



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