Cattolici? Moderati non basta

 Traspare in Bruno Tabacci, neo assessore al Bilancio del comune di Milano, una certa soddisfazione per il lavoro svolto. «Abbiamo dovuto intervenire», spiega, «per evitare che le casse comunali giungessero alla rottura del patto di stabilità. Pesante eredità della precedente gestione, dalla quale siamo usciti grazie ad un equilibrato mix tra tagli di spesa e nuove entrate, nonché attraverso una serie di cessioni di asset patrimoniali, tra cui la Sea, che gestisce gli aeroporti lombardi».

Quando gli ricordiamo che tra Malpensa e Linate le cose non paiono andare molto bene, puntualizza che Malpensa è l'hub, ovvero lo snodo centrale del nostro sistema aeroportuale. «Non ha dunque alcun senso una concorrenza tra i due scali, visto che, oltretutto, appartengono alla medesima società. Poi serve un piano industriale adeguato di cui, come sempre, il mercato sarà il miglior giudice».

Fa piacere la passione con cui Tabacci ci guida nei meandri della realtà meneghina, poi però proviamo ad allargare il discorso alla politica nazionale, cominciando dalla sua partecipazione alle primarie del centro-sinistra.

On. Tabacci, come nasce questa candidatura alle primarie?

Nasce nella scia del modello della giunta Pisapia di Milano, che vede l'alleanza di forze riformiste e radicali entro un rinnovato progetto di centro-sinistra. Un passaggio necessario per dare al Paese un governo in grado di riparare i danni provocati dalla destra guidata da Berlusconi. Io vi partecipo nel segno del riformismo e dell'economia sociale di mercato, unico antidoto allo sfrenato e illusorio liberismo di questi anni.

Con Sinistra e libertà nessun problema?

Mi pare che Sel intenda partecipare a pieno titolo ad un nuovo progetto riformista. Certo preferisco il Vendola che da governatore della Puglia si fa carico della questione dell'Ilva a quello che va a firmare per l'articolo 18, insieme alla sinistra più radicale.

E con l'Italia dei valori?

Direi che questa formazione ha scelto la strada della demagogia. Spiace dirlo, ma pare che ormai Di Pietro si muova sulla stessa lunghezza d'onda di Grillo, con invettive che lasciano il tempo che trovano. Logiche assolutamente incompatibili con un serio progetto di governo.

In questo scenario immagina un ruolo per Monti?

Di Monti ci sarà bisogno di sicuro, anche perchè il prossimo governo dovrà procedere lungo i sentieri tracciati da quello attuale, specie sul piano europeo. Del resto Monti, in questi mesi, ha saputo imprimere un salto di qualità alla politica italiana, concentrandosi finalmente sui veri problemi del Paese. Un plauso al metodo, così diverso dalle illusioni del passato, e ai contenuti, che rappresentano la base di partenza per un ampio programma di legislatura.

Cosa sta apprezzando di più della leadership montiana?

Intanto è positivo, nel suo complesso, l'atteggiamento con cui vengono affrontate le questioni in agenda, senza dar adito a proclami miracolistici o a facili demagogie. La cosa più rimarchevole è certamente quanto è accaduto sul palcoscenico europeo. Forse abbiamo dimenticato che un anno, fa pensando al nostro Paese, la Merkel e Sarkozy si scambiavano risolini? Il fatto è che con il governo Berlusconi avevamo perso qualsiasi credibilità. Oggi tutto è cambiato, grazie al prestigio di un presidente del Consiglio universalmente stimato e i risultati sono arrivati come mostra il piano anti-spread, di cui siamo stati i principali fautori.

Legge elettorale: che idea si è fatto?

La legge attuale, è evidente, non ha dato buoni risultati favorendo le ammucchiate di potere più che delle autentiche alleanze, frutto di convergenze programmatiche. La cosa peggiore è poi il meccanismo di selezione della classe politica, perchè le liste bloccate favoriscono unicamente la fedeltà al capo. Su queste logiche neanche un'azienda può reggersi, figuriamoci la politica, e infatti stiamo assistendo ad un inesorabile scadimento del nostro ceto parlamentare. Più che mai bisogna quindi restituire la scelta ai cittadini: o con dei collegi ristretti abbinati alle primarie, oppure con le preferenze.

Fiat, come valuta le dichiarazioni di Marchionne?

Nessuno disconosce l'autonomia di un grande gruppo internazionale, però risulta davvero incomprensibile che prima si sia parlato, per anni, di ampi investimenti nel nostro Paese, e in vista di questo obiettivo sia stato persino rivisto il modello contrattuale, e poi, improvvisamente, si dica che tutto questo non è esistito e si giunga ad una sorta di abbandono del piano iniziale. Il governo deve dunque intervenire e capire cosa sta succedendo nella più grande impresa privata italiana, anche nel quadro di una più ampia politica industriale che, va detto, in questi ultimi anni, è totalmente mancata. La Fiat è un'azienda fondamentale per il Paese e per la storia italiana. Oggi resta un decisivo tassello per il nostro futuro industriale.

Che idea si è fatto del caso Alcoa?

I lavoratori non vanno abbandonati, ma c'è un evidente problema di competitività economica che è imprescindibile. Qui il problema è il costo dell'energia, una delle strozzature della nostra economia. Di certo va individuata qualsiasi possibile soluzione anche puntando, come mi pare si stia facendo, su qualche cordata straniera.

Quali le ricette per lo sviluppo?

Innanzitutto oggi la spinta allo sviluppo va collocata nel contesto europeo e non più avendo riguardo alla sola scala nazionale. E' a livello di Unione europea che stanno le chiavi per far ripartire la crescita, ad esempio evitando di computare come debito la spesa pubblica per gli investimenti. Dopo di che ciascun Paese deve poi realizzare, a casa propria, un ambiente in grado di attrarre le attività produttive. E' peraltro chiaro che il sistema manufatturiero italiano, pur essendo robusto e articolato, richiede misure strutturali.

Quali misure servono?

Sono un po' quelle indicate, in più occasioni, anche dal governatore della Bce, Mario Draghi: una spesa pubblica efficace, una scuola di elevato livello, una giustizia celere sia in ambito penale che civile, una cultura di terzietà della pubblica amministrazione, un mercato del lavoro fluido. Purtroppo troppo spesso da noi ci si perde in polemiche inutili.

Ovvero?

Ci si concentra per mesi sull'art. 18, come se fosse il solo ostacolo alla nostra competitività, quando invece si tratta mettere al centro la formazione, la ricerca e l'innovazione tecnologica, fornendo alle imprese gli strumenti, anche fiscali, per incentivare questo tipo di investimenti. Bisogna poi puntare su green economy ed efficienza energetica per essere competitivi sul terreno dell'energia. In fondo il caso Alcoa, di cui si accennava prima, si è acutizzato a causa del costo della bolletta elettrica, superiore del 30 per cento rispetto agli altri Paesi nostri concorrenti.

Torniamo sulle primarie. Possiamo dire che il vincitore sarà il prossimo premier?

Non la intendo così, perchè non siamo in un modello presidenziale, imperniato sul leader di turno, ma nel quadro di un sistema parlamentare. Occorrerà vedere i risultati delle elezioni per capire quale tipo di governo emergerà, quale coalizione sarà cioè resa possibile dal voto degli italiani. Troppo spesso in questi anni si è data importanza al risultato immediato delle elezioni, come se la cosa essenziale fosse soltanto sapere il nome di chi ci avrebbe governato senza invece riflettere sui programmi e sulle alleanze più adeguate per il Paese.

Ma allora a cosa servono queste primarie?

Servono non tanto per fare la conta, quanto per fare la sintesi di un progetto di centro-sinistra con una vera cultura di governo.

Un'intesa riformisti e moderati?

Possiamo anche intenderla così, anche se troppo spesso in Italia il termine moderato viene usato in maniera equivoca.

In che senso?

Moderato finisce per diventare chi non tocca certi interessi, chi non disturba i poteri forti. Personalmente sono propenso alla moderazione dei toni ma credo che, nel contempo, vadano combattute tutte le posizioni di rendita e di privilegio, a cominciare dalla scandalosa evasione fiscale, per anni tollerata e secondo alcuni da ritenersi addirittura congeniale ad un certo tipo di sviluppo.

Si parla di una discesa in campo di Montezemolo…

Chi intende dare un contributo alla politica italiana è il benvenuto. E' però necessario che chi fa la scelta di entrare in politica, e qui, ovviamente, faccio un discorso generale, non sia gravato da alcun conflitto di interessi. Bisogna cioè avviarsi verso una rappresentanza ove i conflitti di interessi, per lo meno quelli macroscopici, siano realmente messi al bando. Cosa che peraltro da decenni è la norma in democrazie più avanzate della nostra. Non deve più succedere quanto accadde alla vigilia delle elezioni del 1994, quando, grazie ad un'interpretazione forzata della legge del 1957 sulle concessioni televisive, si consentì a Berlusconi di candidarsi.

Anche il mondo cattolico pare in movimento…

Serve una ripresa di impegno civile del mondo cattolico nel suo insieme. Si tratta di un patrimonio etico e culturale di cui il Paese ha bisogno e che può essere protagonista di una nuova stagione politica. Non penso sia immaginabile di rifare la Dc, ma ritengo che possano esservi altre forme di presenza e di partecipazione altrettanto proficue per il Paese.

Aldo Novellini



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