Il vero, il bene e il bello: la chiave è nell'amore

 

Le edizioni Città Nuova hanno pubblicato un piccolo libro del domenicano Marie Dominique Philippe (1912-2006), fondatore della Comunità san Giovanni, che può essere un piacevole compagno di vacanza, perché in questo mondo dominato dalla tecnologia di un’informazione sempre più frammentaria e caotica, preoccupato solo del benessere materiale nel quale la competizione e l’efficienza sono regole assolute, ci propone l’amore della verità, l’amicizia fraterna, la contemplazione dell’Assoluto come radici profonde della vita culturale, sociale, ecclesiale.

Di solito si conosce la storia della filosofia come ricerca della verità, Philippe la riscrive nella prospettiva dell’amore, perché la stessa ricerca della verità è amore, è “filo-sofia”, letteralmente amore della verità. Rileva: «L'uomo progredisce nella sua intelligenza solo quando ama, la sua intelligenza si sveglia solo nella misura in cui è supportata da un grande desiderio. L'amore non è conoscenza, ma risveglia l'intelligenza e le consente di andare fino in tondo nei suoi sforzi. Quando non c'è più amore, si verifica un arresto nella ricerca dell'intelligenza». (p. 11).

La sua analisi storica incomincia da lontano, con Platone parla dell’eros, che spinge ogni uomo a cercare la verità, con Aristotele della filia, dell’amicizia nella società, con i Padri della Chiesa della agape, dell’amore di Dio verso di noi. Tutti nomi greci che sono entrati nel linguaggio universale ma che si sono alterati, per cui l’eros si è fermato alla sessualità, la filia è diventata superficiale filantropismo, e l’agape, denominata in latino caritas, si è risolta banalmente nella “elemosina”.

Il volume di Philippe, intitolato «Sull’amore», vuole recuperare il senso autentico di queste parole e le connessioni di queste virtù, richiamandosi agli scritti di san Tommaso d’Aquino per analizzare la natura delle passioni e ai testi poetici di san Giovanni della Croce per descrivere l’unione di amore dell’anima con Dio. Osserva con il primo: «L'amore-passione non è cattivo in se stesso, ma va superato. Perché l'amore di benevolenza possa svilupparsi, bisogna che l'amore passionale sia spiritualizzato e superato. Ma deve anche mantenere tutta la sua forza, perché non vi è amore umano veramente spirituale senza un radicamento passionale. L'amore più spirituale richiede un radicamento nell'amore-passione» (p. 107). E a riguardo del secondo precisa: «È proprio dell'amore divino bruciare senza consumare quello che brucia, ma trasformandolo radicalmente. L'amore divino brucia il cuore di san Giovanni della Croce, ma gli lascia un cuore profondamente umano. Si potrebbe dire che pochi santi sono stati tanto sensibili quanto san Giovanni della Croce» (p. 118).

Philippe passa poi a considerare le relazioni dell’amore da una parte con l’intelligenza e dall’altra con la libertà. Per quanto riguarda l’intelligenza, rileva che l’affermazione di Pascal «il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce» è ambigua, può essere fraintesa, perché tale affermazione non fornisce alcun principio filosofico e può essere compresa solo nella sua contrapposizione al razionalismo cartesiano, che vuole risolvere tutta la realtà nella razionalità. Ma l’intelligenza non si oppone al cuore e alla immaginazione, perché è l’attività propria dello spirito, ciò che c’è di più profondo in noi e ci porta alla contemplazione della persona di Dio. Osserva Philippe: «Quando diciamo che l'intelligenza è fatta per la verità, stiamo attenti. In realtà, è fatta per contemplare una persona. L'intelligenza non può accontentarsi di "cogliere" la verità. Possedere la verità potrebbe essere ancora un atteggiamento egocentrico che ci farebbe ripiegare su noi stessi. Occorre fare questa distinzione: l'intelligenza è perfetta solo se raggiunge la verità, ma possedere la verità non è il fine della sua attività. Deve essere vera per poter contemplare; e quando contempla è vera. Non contempla però la sua verità, ma la realtà più perfetta, la persona» (p. 149).

Per quanto riguarda la libertà Philippe precisa che l’uomo non è libero perché può scegliere (libertà psicologica, libero arbitrio), ma è libero se realizza se stesso, se sceglie il bene, mette in pratica la verità e raggiunge il suo fine ultimo (libertà morale) superando tutti i condizionamenti esteriori. «Perché appaia la libertà, dobbiamo trovare la nostra finalità in un amore spirituale e all'interno di esso. Occorre in effetti amare profondamente un bene spirituale per comprendere che vi è in noi qualcosa di assoluto. Partendo dall'amore spirituale che ci lega a questo assoluto, diventiamo capaci di giudicare le cose secondarie. Fintantoché non amiamo questo assoluto e non lo conosciamo veramente, il secondario s'impone a noi. Prendiamo la grande visione di Platone, espressa nel mito della caverna. Finché restiamo nella caverna, finché non ne siamo usciti, viviamo nelle apparenze; le apparenze s'impongono a noi in modo necessario. Appena abbiamo scoperto un "oltre" delle apparenze, appena abbiamo capito qualcosa dall'interno e abbiamo un legame più profondo con un bene che consideriamo come il nostro bene, una persona che amiamo, allora nasce in noi come un assoluto: l'amore spirituale, alla luce del quale possiamo giudicare le cose secondarie» (p 170)

L’avere modulato la storia della filosofia sull’amore non porta Philippe a scartare la verità, perché sa bene, con san Tommaso, che il fine ultimo della vita dell’uomo è conoscere Dio, ma questa conoscenza avviene nell’amore, perché Dio è insieme luce e calore. Cita questo testo di san Giovanni della Croce: «Essendo Dio luce infinita e fuoco divino infinito, di conseguenza, in ciascuno di questi innumerevoli attributi, Dio effonde la sua luce e dà calore, in quanto Dio, e quindi ognuno di questi attributi, è per l'anima una lampada che la illumina e le dà il calore dell'amore. Siccome in un solo atto d'unione l'anima riceve la conoscenza di questi attributi, Dio è per lei come un insieme di molte lampade, ognuna delle quali la illumina e le da calore: da ognuna di esse l'anima riceve una conoscenza distinta che la infiamma d'amore. Così l'anima ama, infiammata da ciascuna delle lampade e da tutte insieme» (p. 133).

Questo è un linguaggio più poetico che filosofico, ma distinguendo i due diversi livelli cognitivi, il linguaggio simbolico della saggezza mistica e il linguaggio scientifico della saggezza filosofica, si può comprendere che l’amore di Dio fa tutt’uno con la verità del suo esistere. L’amore non è una categoria filosofica, il vero di fronte all’intelligenza, il bene davanti alla volontà, il bello, che affascina e coinvolge l’affettività, sono le dimensioni fondamentali dell’essere, ma è l’amore che sostiene e raccorda insieme la ricerca del vero, il desiderio del bene e la gioia del bello.

Piero Viotto



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