Olimpiadi al via, ma Londra trema

Di quando in quando, tra i vertici organizzativi della XXX Olimpiade moderna, che comincerà a Londra il 27 luglio, sembra incarnarsi lo stravagante ispettore Clouseau immortalato tanti anni fa al cinema da Peter Sellers.

La responsabilità di proteggere i Giochi era stata assegnata fin dal 2010, al prezzo pre-pagato di 284 milioni di sterline, ossia oltre trecento milioni di euro, alla più grande compagnia privata del mondo specializzata nella sicurezza, la C4S Security Solutions, che ha la sua sede centrale nella capitale inglese e una ragnatela di succursali sparse in 125 Stati, per un totale di 657 mila dipendenti e un giro d’affari di sette miliardi di dollari. Ma a due settimane dall’inaugurazione, questa spettabile ditta planetaria, per bocca del suo chief executive officer, Nick Buckles, ex amministratore d’una società di cosmetici e profumi, ha dato forfait, confessandosi incapace di reclutare, esaminare e addestrare i 10.400 agenti richiesti dal contratto. Poteva fornirne al massimo 6.900, e nemmeno questi proprio tutti di provata capacità ed esperienza. Buckles si scusava molto dell’inconveniente, assumendosene pure la responsabilità: ma insomma, alla rigorosa tutela programmata per i Giochi ormai imminenti mancavano 3.500 uomini.

La C4S, precisiamo, è una società di lontane origini danesi, cresciuta a dismisura in Gran Bretagna, sotto vari nomi e fusioni, a cominciare dai tardi anni Ottanta, quando fu incaricata della gestione di alcuni penitenziari sostituendosi alla polizia, del trasporto di detenuti ai tribunali per esservi processati, e infine della deportazione d’immigrati clandestini. Si era entrati nella grande stagione delle privatizzazioni, a scapito degli enti e servizi pubblici ritenuti meno competenti e più costosi, una teoria, sia detto per inciso, di cui oggi si comincia a dubitare. Parallelamente, l’industria della sicurezza si espandeva in concomitanza con l’avvento del terrorismo internazionale e la crescita della criminalità. Il curriculum della C4S, peraltro, non era affatto esemplare: le sue guardie tenevano poco in conto i diritti umani, usavano metodi sbrigativi se non addirittura brutali; e in un’occasione che fece molto scalpore soffocarono un povero immigrato angolano sull’aereo che lo riportava forzatamente in patria.

Il contratto per le Olimpiadi la C4S lo ottenne presentando una offerta inferiore del 25 per cento a quelle della concorrenza. Non ci fu bisogno d’altro, nessuno indagò sui suoi sistemi frettolosi di reclutamento e sulle deficienze, di cui oggi parlano tutti i giornali, nell’addestramento delle nuove guardie e nella verifica delle loro qualifiche e dei loro precedenti. In proposito, circola questo detto: «Assumerebbero anche dei mujaheddin, se se ne presentassero». Ma il ministro degli Interni, signora Theresa May, che per certi versi è una versione femminile dell’ispettore Clouseau, non ha trovato nulla da ridire sui comportamenti di questa compagnia mondiale, anzi ne ha elogiato il boss Nick Buckles «per la sua accorata sincerità nel rivelare la situazione».

Quanto alle guardie mancanti le si sostituirà con 3.500 soldati, un terzo dei quali appena rientrati dall’Afghanistan e privati d’una sospirata licenza in famiglia per vivere invece, come gli altri 13.500 commilitoni già presenti, accampati sotto le tende, a difesa dei Giochi olimpici. In totale, tra polizia, C4S, vigilantes privati, aviazione, forze terrestri e forze marittime (la portaerei Ocean sul Tamigi e la nave da sbarco Bulwark a Weimouth per le gare veliche), gli addetti alla sicurezza sono oltre sessantamila. Ciononostante restano ancora parecchie zone sguarnite, specie in quei punti di frontiera ove transita la massa degli spettatori dei Giochi. Il più cruciale è l’aeroporto di Heathrow, ove già nell’afflusso di Pasqua si formavano lunghe code d’attesa per le verifiche dei passaporti; un inconveniente destinato a peggiorare, perchè, pur con le Olimpiadi all’orizzonte, il ministero degli Interni, nell’ambito dei tagli al settore dei dipendenti pubblici, ha ridotto del 10 per cento il numero dei funzionari preposti a questi controlli. Nei casi di maggior sovraffollamento la peregrinatio tra l’uscita dall’aereo all’uscita dall’aeroporto potrebbe durare mezza giornata.

Nessuno di questi fastidi, ovviamente, turberà il soggiorno degli atleti, nè soprattutto quello dei membri del Comitato olimpico, i quali, stante il livello record di commercializzazione stabilito per questi Giochi, sono i grandi beneficiari dell’evento. Dodici delle maggiori strade d’accesso alla metropoli e al villaggio, compresa l’autostrada di Heathrow, gli sono riservate, come da essi perentoriamente richiesto, con esclusione d’ogni altro traffico, costretto perciò a riversarsi nel resto della capitale e a saturarla. Ma pochi sembrano darsene pensiero. Quali che siano le incertezze, i disagi e le impressioni d’esser sotto un’assurda occupazione militare che pare un retaggio, un’appendice delle guerre in corso; quale che sia la congiuntura, le autorità hanno saputo ingenerare nella maggioranza dei cittadini una sorta d’euforia sintetica per il raduno quadriennale, a costi astronomici, dello sport d’ogni Paese (il budget, inizialmente di due miliardi e mezzo di sterline, ha passato gli undici miliardi).

I cittadini dell’Inghilterra post imperiale hanno una pervicace tendenza a confondere l’illusione con la realtà e scansare le verifiche. Abbiamo una crisi mondiale spaventosa, abbiamo qui una disparità di proporzioni dickensiane tra ricchi e poveri, ma amiamo la nostra regina, la persona più ricca del Paese, che va in carrozza d’oro, scortata da centinaia di ussari in divisa rossa ed enormi colbacchi di pelliccia d’orso... Ci piace la sua impeccabile banda musicale, ove i due possenti cavalli che portano i tamburi hanno il grado militare di Maggiori e come tali vanno salutati dalla truppa... «Dio salvi la nostra graziosa Regina e la renda vittoriosa, felice e gloriosa» dice l’inno nazionale, e così sia, anche se a ben guardare la sovrana è la suprema garante dei privilegi di classe, pur conditi d’eccentricità.

La XXX Olimpiade moderna si aprirà a cura del regista di «The Millionaire» Danny Boyle con lo spettacolo d’una ricostruzione realistica, sull’intero parterre dello stadio, della verdissima campagna inglese, ricca di buoni pascoli e campi feraci. Un gregge di settanta pecore, vive e belanti, brucherà l’erba di una collinetta; e si vedranno vacche, cavalli, galline e oche e anatre, queste al bordo o sulla superficie d’un corso d’acqua che copia un tratto del Tamigi. Partendo da questa visione, cui ne seguiranno altre di sviluppo urbano, avvento d’industrie e moti sociali, un presentatore narrerà per sommi capi la storia del Regno coi suoi molteplici travagli. Noi osserviamo soltanto che la suggestiva composizione iniziale, lo scorcio di una tenuta agricola, è verosimilmente la meno familiare alla maggioranza dei sudditi d’Elisabetta: perchè il 70 per cento delle terre inglesi coltivabili appartiene all’uno per cento della popolazione, una infima però potente minoranza, fatta principalmente d’aristocratici.

Ma basta, chiudiamo il nostro farraginoso prologo ai Giochi e lasciamo il campo agli atleti, ai loro protettori civili e militari, pubblici e privati. E vinca il migliore, purchè non sia un dinamitardo, sfuggito ai controlli sommari della ditta mondiale C4S.

Carlo Cavicchioli

 



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