Chiara Lubich ancora tutta da scoprire

 

Incontrando Armando Torno, editorialista del «Corriere della Sera», autore della prima biografia di Chiara Lubich (1920-2008) scritta dopo la sua scomparsa, dal titolo «Portarti il mondo tra le braccia» (Città Nuova Editrice), gli abbiamo posto alcune domande.

Lei non ha mai incontrato di persona Chiara Lubich. Nello scrivere la sua biografia, quali aspetti della sua personalità l’hanno particolarmente colpito?

Non avendo conosciuto la Lubich personalmente ho lavorato molto sulle testimonianze e su i documenti. Man mano che cercavo di ricostruire la sua figura non riuscivo mai a delimitarne i confini, l’operato, le situazioni, gli agganci… Penso, pertanto, che Chiara Lubich sia una figura che è ancora tutta da scoprire. Emerge solo qualcosa di lei dalle testimonianze e dai ricordi, ma non affiora ancora completamente il grande valore che potrà rappresentare in futuro. Scrivendo questa biografia mi sono reso conto di trovarmi dinanzi ad una persona culturalmente particolare, a una voce completamente nuova, in pieno Novecento, una persona che anticipa alcuni momenti fondamentali della Chiesa. La novità della Lubich è che lei, fin dall’inizio, non si è limitata a un continente, si è aperta a tutto il mondo con una capacità e una visione “profetica”.

Sono quattro anni che Chiara Lubich è scomparsa. Lei con questa biografia sta incontrando in molte città italiane persone che aderiscono al Movimento da lei fondato e al suo messaggio. Che sensazione prova incontrando questa gente? C’è percezione dell’attualità del messaggio di Chiara in queste persone?

Ogni movimento, nato nel Medioevo o nel mondo contemporaneo, ha diversi momenti di vita: nasce intorno alla figura del fondatore, con il fondatore si sviluppa, poi trova una ragione d’essere nel mondo se esso è nato dal Vangelo. Ci può essere un momento di crisi, di ripensamento, di sistemazione, ma da 2 mila anni sappiamo che la soluzione che scaturisce dal Vangelo è radicale, è sempre una soluzione d’amore per tutti gli uomini. Quanto ha fatto la Lubich nella sua vita ha ancora un’influenza forte sulle persone da lei incontrate. Siamo troppo vicini alla sua scomparsa per dire che non si sente la sua presenza in chi l’ha conosciuta. In una prospettiva futura la sua figura potrà apparire diversa da come appare oggi, però è chiaro che le sue intuizioni, questa vita di comunione con altri, questa lettura del Vangelo, questa apertura al mondo, tutto questo rimarrà indipendentemente dalle donne che le succederanno nella guida del Movimento.

Da cosa proviene questa sua convinzione?

Dal fatto che Chiara Lubich ci rappresenta una “santità moderna”, una santità del nostro tempo. Con questo non voglio dire che la Chiesa debba farla necessariamente santa. Sappiamo che la Chiesa per definire la santità di una persona ha bisogno di alcune caratteristiche, di prove concrete. Per scrivere questo libro ho sentito centinaia di testimoni, mi sono documentato e posso affermare che la sua vita è stata una vita vissuta in santità, non una santità medievale come poteva essere ancora quella di padre Pio o di altri, ma un santo del nostro tempo, che apre un dialogo importantissimo per la Chiesa. La scia che ha lasciato dietro di sé è la stessa scia di un santo. Ripeto, una santità diversa. I miracoli di Chiara sono miracoli basati sulla comunicazione, non sono miracoli di guarigione, ma saper comunicare significa saper guarire alcuni mali del nostro tempo attraverso la parola, la vita. Non voglio dire che la Chiesa deve accelerare o altro, anche perché la santità trova sempre la sua strada.

Chiara Lubich, in Piazza San Pietro nella Pentecoste del 1998, davanti alla Chiesa e all’umanità, nel definire il Movimento dei Focolari parlò di un impegno costante nel dialogo a 360 gradi: tra i cristiani, con altre fedi e con persone di convinzioni non religiose per offrire un deciso contributo alla realizzazione della fraternità universale. Una tale finalità, così vasta, non potrebbe portare le persone del Movimento a smarrirsi e ad essere poco incisivi?

Un obiettivo così ampio potrebbe essere un limite solo se guardiamo il mondo con gli occhi dell’Europa, se mettiamo l’Europa al centro, se consideriamo il centro del cristianesimo in Europa. Quando c’è un messaggio come quello del Vangelo, che bisogna portare alla conoscenza di tutti, bisogna parlare e dialogare con tutti. Chiara ha intuito fortemente questo aspetto, ed è la grande novità che lei ha portato nella Chiesa e nel mondo. Penso che Giovanni Paolo II incontrando la Lubich si sia accorto di questo elemento, importantissimo anche per il Pontefice, ha intuito la forza e la novità che c’era nell’esperienza di dialogo con tutti vissuta da Chiara.

Un impegno certamente nuovo e non facile in un’umanità che nel passato non sempre ha avuto bene a fuoco il dialogo…

Ricordiamo che il primo a prendere coscienza, e a far prendere coscienza alla Chiesa di alcuni suoi errori, è stato proprio Giovanni Paolo II, che ha chiesto scusa per questi errori, ha chiesto perdono al mondo. Se oggi non si punta sul dialogo è chiaro che nascono i fondamentalismi, rinasce l’apertheid, il razzismo, problemi che non sono più limitati in una regione o una nazione, ma sono dappertutto. Penso inoltre che, indipendentemente dalla fede, bisogna cercare il bene e il buono che c’è in ognuno; vivere così significa aprire le porte al cristianesimo. Il messaggio cristiano non si impone, ma si propone e ognuno è libero di sceglierlo o prenderne una parte. Inoltre ricordiamo pure che il messaggio cristiano si trasforma nella storia, ha una sua continua attualizzazione. Ogni età ha le sue esigenze i suoi aspetti. L’esigenza di questo tempo storico è primariamente esigenza di dialogo. Sono convinto che il dialogo con l’islam eviterebbe il fondamentalismo, come pure è importantissimo il dialogo con le persone di convinzioni non religiose e la Chiesa, grazie a monsignor Ravasi, sta percorrendo una strada interessantissima: anche queste persone hanno la loro parte da offrire all’armonia generale. Non dimentichiamo che il Concilio Vaticano II ha dato un grande impulso al dialogo universale.

Tutto questo è stato nel cuore di Chiara Lubich?

Sì, era la sua speranza. Non tutto ha potuto vedere realizzato, ma lo ha testimoniato con la sua vita, lasciando numerose tracce, germogli, che potranno fiorire e dare frutti maturi. Ha lasciato ad altri il compito di portare avanti il suo progetto. Questa è, a mio parere, la funzione del Movimento dei Focolari oggi.

Pasquale Lubrano



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