Atene e la Ue viste da Berlino

 

La bandiera greca, bianca e azzurra, è nata in Germania. Quando la Grecia divenne indipendente, nel 1831, si doveva trovare un re. Leopoldo, lo zio della regina Vittoria, disse di no, e lo imitarono altri principi disoccupati. Ludwig, il re di Baviera, ottenne la corona per il secondogenito, il sedicenne Otto, che divenne il primo sovrano della nuova nazione. Per questo la bandiera greca è bianca e celeste come quella della Baviera. A Monaco non l´hanno dimenticato.

Ancora nelle settimane scorse, il 67 per cento dei tedeschi dichiarava di sentirsi legato alla Grecia, e una percentuale appena minore credeva che si dovesse aiutare Atene. E´ sul come che le idee divergono. Aiutare sì, ma non a fondo perduto, e controllando come vengono impiegati i miliardi di euro necessari. I greci ricordano i crimini compiuti dalla Wehrmacht e dalle SS. E chiedono che la Cancelliera paghi i danni di guerra. «Basterebbero per risolvere i nostri guai», fanno i conti ad Atene. Purtroppo sono stati già pagati, sia pure al 5 per cento, una percentuale stabilita in una conferenza internazionale a Londra nel febbraio del 1953, un anno e cinque mesi prima che nascesse la Merkel, a cui partecipò anche la Grecia. Comunque, pur calcolando la svalutazione, arriverebbero a una settantina di miliardi di euro. Troppo pochi, e dovremmo pagarli anche noi italiani. Fu Mussolini a chiedere l´aiuto di Hitler per «spezzare le reni alla Grecia», e le nostre divisioni compirono crimini di guerra fianco a fianco alla Wehrmacht. Ma non amiamo che ci venga ricordato.

Il turismo è la fonte principale dell´economia greca, circa il 15 per cento del prodotto nazionale, e quest´anno è entrato in crisi. Di chi la colpa? Ovviamente dei tedeschi, denunciano i giornali di Atene. Si hanno cifre precise solo per lo scorso febbraio: l´anno passato, in un mese i tedeschi avevano speso nell´Ellade sognata da Goethe 26,7 milioni di euro, quest´anno appena 10,3. Anche durante le vacanze di Pasqua e a maggio i tedeschi non si sono fatti vedere. Gli alberghi e i ristoranti rimangono vuoti, in media le prenotazioni sono diminuite della metà, nonostante sconti allettanti fino al trenta per cento. E il Pil greco rischia di calare del 5 per cento a causa dei turisti tedeschi che hanno preferito altre mete. Non vengono perché ce l´hanno con noi, come dimostra la cattiva Cancelliera, è la risposta che danno i comuni cittadini, intervistati da tv e giornali.

Sulla «Bild Zeitung» si legge questa notizia: al Pireo hanno assalito un turista gridandogli «sporco nazi». La vittima ha cercato di precisare: «Sono olandese». «Non importa, sporco nazi», e hanno spaccato il naso al malcapitato. I tedeschi si sentono poco amati: vedono le caricature con Angela ritratta come il Führer, in divisa da SS, e le foto delle loro bandiere bruciate nelle piazze di Atene. L´ufficio turistico greco cerca di evitare il peggio: «Venite, siete i benvenuti». Un lettore della «Bild» gli ha risposto: «Kommt zu uns, ihr Geld ist schon da», dovreste usare piuttosto questo slogan, venite, i vostri soldi sono già qua. La Grecia rimprovera alla Germania di non voler aprire i cordoni della borsa, Berlino ritiene di aver già dato abbastanza. Alla Grecia, e alle cicale d´Europa, spagnole, e italiane.

Anche sulle mura di Roma sono apparsi i primi manifesti che ritraggono Frau Angela come Hitler. Non è un buon segno, soprattutto per noi. E´un sintomo di disperazione. Ce la prendiamo con la Merkel come se fosse responsabile di ogni guaio. Rassicurante, se fosse vero. Se lo pensano i cittadini è comprensibile, ma anche i nostri politici cadono nel vecchio vizio di dare la colpa agli altri dei propri errori. Il professor Monti continua ad essere stimato a Berlino, ma si ha meno fiducia nella sua squadra. Ci si attendevano misure per il rilancio dell´occupazione e dell´economia, e provvedimenti seri contro la corruzione. Gli investitori stranieri evitano l´Italia non perché i lavoratori sono tutelati dall´articolo 18, ma perché sanno per esperienza che non verranno tutelati, in caso di truffe o mancati pagamenti. Una causa civile in Germania dura al massimo un anno, da noi l´esito riguarderà i nostri figli. Aumentare le tasse e perseguitare i disoccupati non rassicura i tedeschi.

Frau Angela, Führer in tailleur, sarà sparagnina, ma nessun politico tedesco potrebbe fare altrimenti. Sarebbe un suicidio. Il 78 per cento degli elettori è con lei. Nel documento programmatico dei socialdemocratici, a proposito degli eurobond si legge: «Si possono prendere in considerazione, ma…». Il che tradotto vuol dire «nein». Come potrebbe essere altrimenti? «Der Spiegel» annuncia che «l´Italia va a pezzi». I dati negativi riportati potranno essere esatti, ma si dimenticano le poche buone notizie. I lettori sono avvertiti: se la Cancelliera butta i risparmi delle famiglie tedesche per salvare la «bella Italia», è una folle.

Oggi si comprano le obbligazioni della Germania che rendono lo 0,007. Si preferisce la sicurezza teutonica agli interessi pagati da noi (il 4  per cento) o dagli spagnoli. Berlino ottiene denaro gratis, e dovrebbe invece pagarlo almeno il 3 per cento, grazie agli eurobond. La Cancelliera manca di solidarietà europea? Ma è pronta a sottoscrivere bond a progetto, cioè a darci miliardi per opere ben precise. Quindi ci vuole controllare, è l´immediata e sdegnata reazione. E´nato il IV Reich, la Germania alla conquista d´Europa, ieri con i panzer oggi con l´euro.

In altre parole, è sempre colpa della Germania. «Siamo tornati al Sündenbock», il capro espiatorio, commenta «Der Spiegel» o «Die Welt». E noi siamo pronti a tradurre i commenti dei soliti esperti britannici o americani. «Angela Merkel non impara nulla dalla storia», scrivono gli economisti Nouriel Roubini e Niall Fergusson. Anche la crisi degli anni Trenta portò a Hitler. Vero, in parte, ma anche quella era nata a Wall Street, se non ricordo male. La storia si può citare sempre in modo che faccia comodo. La ripresa economica avviata da Hitler era identica al New Deal di Roosevelt. Il presidente americano era un nazista, o Adolf uno yankee?

Roberto Giardina



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