Grazie, Francesco

«Davanti a Dio e al suo popolo sono profondamente addolorato per i peccati e i gravi crimini di abuso sessuale commessi da membri del clero e umilmente chiedo perdono». Papa Francesco ha davanti a sé quelle vittime di abusi sessuali che sono riuscite nel tempo e con grande fatica a superare i traumi, a uscire dal tunnel, a non disperarsi, a non suicidarsi, ritrovando la speranza.

Per loro sta celebrando la messa all’inizio di questa seconda decade di  luglio, di ritorno dal Molise, una regione che assomma e sintetizza i gravi problemi economico-sociali che affliggono l’Italia, l’Europa e il mondo intero. Dolore che si aggiunge a dolore anche per le drammatiche, ininterrotte immigrazioni sulle nostre coste, a un anno dal pellegrinaggio di Francesco a Lampedusa, un fenomeno la cui gravità permane come egli stesso denuncia in un messaggio all’arcivescovo di Agrigento.

Non si può mettere una pietra sopra sulle tragedie perpetrate o aggravate dalla nequizia umana, come questa degli abusi sessuali sui minori da parte di ecclesiastici. Francesco passa dalle parole ai fatti. «Non c’è posto nel ministero della Chiesa per coloro che commettono abusi sessuali; e mi impegno a non tollerare il danno recato ad un minore da parte di chiunque, indipendentemente dal suo stato clericale. Tutti i vescovi devono esercitare il loro servizio di pastori con somma cura per salvaguardare la protezione dei minori e renderanno conto di questa responsabilità». È durissimo il discorso di papa Francesco. Richiama la condanna di Gesù: chi dà scandalo a uno di questi piccoli, è meglio per lui che si leghi una macina al collo e si butti in mare. Nessun lupo, aggiunge, deve entrare nel gregge. Non solo moniti, ma fatti. Passi concreti. Azione. «Continueremo a vigilare sulla preparazione al sacerdozio».

Ma l’impegno non è ristretto. Spazia a livello mondiale e per tutti i minori. «Conto sui membri della Pontificia commissione per la Protezione dei minori, tutti i minori, a qualsiasi religione appartengono, sono i piccoli che il Signore guarda con amore. Chiedo questo ausilio affinché mi aiutino a far sì che possiamo disporre delle migliori politiche e procedimenti nella Chiesa universale per la protezione dei minori e per la formazione di personale della Chiesa nel portare avanti tali politiche e procedimenti. Dobbiamo fare tutto il possibile per assicurare che tali peccati non si ripetano più nella Chiesa». Mobilitazione generale, dunque, che deve investire ovviamente anche i laici, le famiglie.  

Una pagina di dolore e di vergogna aperta da Benedetto XVI, al quale sono mancate le forze per arrivare fino in fondo. L’ha riaperta papa Francesco, acquisendo il dossier dal predecessore. Una pagina interna alla Chiesa. Ma non solo. Profonde sono le ripercussioni in tutta la società, nella quale purtroppo non mancano gli abusi sessuali sui minori, seppure tenuti nascosti, una volta oggetto dei trattati di antropologia criminale, oggi svelati dalle cronache quotidiane, che trasmettono angoscia e orrore.  Fin dall’inizio del suo pontificato, Francesco ha avuto la chiara percezione del fenomeno, ha espresso la sua ferma volontà di non tollerarlo e di affidare i colpevoli alla giustizia, non solo ecclesiastica, ma anche civile. Ossia ai tribunali. Ha creato un’apposita Commissione, affidandola all’arcivescovo di Boston, il cardinal O’ Malley, un francescano che non ha esitato nella sua diocesi a ridurre allo stato laicale i preti pedofili e ai risarcire le vittime. La linea di rigore della Santa Sede è stata recepita dall’episcopato italiano, che sta per diffonderla dopo ulteriori ritocchi.

Ma non tutti hanno fatto come l’arcivescovo di Boston. Lo sa bene papa Francesco che davanti alle vittime raccolte nella Cappella Santa Marta chiede «perdono anche per i peccati di omissione da parte dei capi della Chiesa, che non hanno risposto in maniera adeguata alle denunce di abuso presentate da familiari e da coloro che sono stati vittime di abuso». Un’omissione non di poco conto, chiarisce Francesco, «che ha recato una sofferenza ulteriore a quanti erano stati abusati e ha messo in pericolo altri minori che si trovavano in situazione di rischio». Cioè non aver messo i pedofili in condizioni di non nuocere, ma, ad esempio, trasferendoli da un posto ad un altro, ha consentito il ripetersi del delitto.

Papa Francesco incrocia lo sguardo delle vittime che ha davanti, «di tanti uomini e donne, bambini e bambine», come fosse lo sguardo di Gesù a Pietro dopo l’interrogatorio da Pilato. Sente quello “sguardo”. Gli verrebbe da piangere come Pietro e «chiede la grazia che la Chiesa pianga e ripari per i suoi figli e figlie che hanno tradito la loro missione, che hanno abusato persone innocenti con i loro abusi».

Parla direttamente alle vittime. «Io oggi sono grato a voi per essere venuti qui. Da tempo sento nel cuore un profondo dolore, una sofferenza, tanto tempo nascosto, dissimulato in una complicità che non trova spiegazione, finché qualcuno non si è reso conto che Gesù guardava, e un altro lo stesso e un altro lo stesso... E si fecero coraggio a sostenere tale sguardo. E quei pochi che hanno cominciato a piangere, hanno contagiato la nostra coscienza per questo crimine e grave peccato. Questa è la mia angustia e dolore per il fatto che alcuni sacerdoti e vescovi hanno violato l’innocenza di minori e la loro propria vocazione sacerdotale abusandoli sessualmente».

Non ha dubbi il Papa che si tratti di una grave colpa. «Qualcosa di più che di atti deprecabili. È come un culto sacrilego, perché questi bambini e bambine erano stati affidati al carisma sacerdotale per condurli a Dio ed essi li hanno sacrificati all’idolo della loro concupiscenza. Hanno profanato la stessa immagine di Dio alla cui immagine siamo stati creati. L’infanzia, lo sappiamo tutti, è un tesoro. Il cuore giovane, così aperto e pieno di fiducia, contempla i misteri dell’amore di Dio e si mostra disposto in una maniera unica ad essere alimentato nella fede».

Papa Francesco vede le ferite, analizza le cause del turpe fenomeno e le conseguenze che hanno avuto su ciascuno. «Oggi il cuore della Chiesa guarda gli occhi di Gesù in questi bambini e bambine e vuole piangere. Chiede la grazia di piangere di fronte a questi atti esecrabili di abuso perpetrati conto i minori. Atti che hanno lasciato cicatrici per tutta la vita. So che le vostre ferite sono una fonte di profonda e spesso implacabile pena emotiva e spirituale e anche di disperazione. Molti di coloro che hanno patito questa esperienza hanno cercato compensazioni nella dipendenza. Altri hanno sperimentato seri disturbi nelle relazioni con genitori, coniugi e figli. La sofferenza delle famiglie è stata particolarmente grave dal momento che il danno provocato dall’abuso colpisce queste relazioni vitali. Alcuni hanno anche sofferto la terribile tragedia del suicidio di una persona cara. La morte di questi amati figli di Dio pesa sul cuore e sulla mia coscienza e di quella di tutta la Chiesa. A queste famiglie offro i miei sentimenti di amore e di dolore. Gesù torturato e interrogato con la passione dell’odio è condotto in un altro luogo e guarda. Guarda a uno dei suoi, quello che lo aveva rinnegato e lo fa piangere. Chiediamo questa grazia insieme a quella della riparazione».

Papa Francesco sente tutto il peso di questi peccati, che «hanno un effetto dirompente sulla fede e la speranza in Dio». Ma «è un segno della misericordia di Dio che noi abbiamo oggi l’opportunità di incontrarci, di adorare il Signore, di guardarci negli occhi e cercare la grazia della riconciliazione. D’altra parte, il coraggio che voi e altri avete dimostrato facendo emergere la verità è stato un servizio di amore, per aver fatto luce su una terribile oscurità nella vita della Chiesa». È possibile riconciliarsi? «Siamo tutti membri della famiglia di Dio, chiamati a entrare nella dinamica della misericordia. Il Signore Gesù, nostro Salvatore, è l’esempio supremo, l’innocente che ha portato i nostri peccati sulla croce. Riconciliarci è l’essenza stessa della nostra comune identità come seguaci di Cristo». Conclude papa Francesco questo straordinario incontro: «Voi e tutti coloro che hanno subito abusi da parte di membri del clero siete amati da Dio. Prego affinché quanto rimane dell’oscurità che vi ha toccato sia guarito dall’abbraccio del Bambino Gesù e che al danno recatovi subentri una fede e una gioia rinnovata. Ringrazio per questo incontro e, per favore, pregate per me, perché gli occhi del mio cuore vedano sempre con chiarezza la strada dell’amore misericordioso e Dio mi conceda il coraggio di seguire questa strada per il bene dei minori. Gesù esce da un giudizio ingiusto, da un interrogatorio crudele e guarda gli occhi di Pietro e Pietro piange. Noi chiediamo che ci guardi, che ci lasciamo guardare, e possiamo piangere, e che ci dia la grazia della vergogna, perché come Pietro, quaranta giorni dopo, possiamo rispondergli: “Sai che ti amiamo” e ascoltare la sua voce».

Antonio Sassone



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