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La Concordia rincasaCinque giorni a due miglia all’ora, ovvero a passo d’uomo: così la Costa Concordia, o quel che ne resta, lascerà l’isola del Giglio e tornerà a Genova, là dove era nata nove anni fa. Per l’ammiraglia della Costa Crociere naufragata nel gennaio del 2012 su quello scoglio a pochi metri dall’isola toscana, è arrivato il momento del viaggio finale: nel porto di Genova verrà smantellata secondo un programma presentato dall’armatore e approvato dal Consiglio dei ministri. In ballo non c’è soltanto il mar Ligure da solcare con un gigante ferito e provvisoriamente rigalleggiante, ma anche 60 milioni di tonnellate di acciaio da smontare e smaltire. Un’operazione immensa che due città, Genova e Piombino, si sono disputate, dopo aver sbaragliato altre concorrenze come la Turchia, economicamente appetibili, ma a discapito di margini di sicurezza e di garanzie ambientali che il progetto presentato da Costa assicura ampiamente. È toccato a Genova, la Genova che ha costruito in Fincantieri l’ultima immensa Costa, la Favolosa, tre anni fa, con 3 mila addetti diretti, 7 mila dell'indotto, e 500 aziende italiane coinvolte, e poi più nulla, attese deluse, contratti di solidarietà, rivendicazioni per un lavoro che va in picchiata. E adesso c’è fermento, perché il gigante da smontare promette quasi due anni di lavoro per almeno trecento uomini e decine di aziende. Si tratterà di smantellare, demolire, compattare e mandare al riciclo, secondo un programma di alta ingegneria: la Genova delle acciaierie improvvisamente si ritroverà a smaltire l’equivalente di quindicimila auto di grossa cilindrata, acciaio di ottima qualità da vendere e riciclare e rimettere in vita, dopo essere stato teatro di morte. Alta ingegneria navale e due anni densi di studi e progetti anche per raddrizzare, là al Giglio, l’enorme relitto e prepararne il rigalleggiamento: con il dissequestro appena ottenuto dal Tribunale di Grosseto, la Costa Concordia è ora pronta per restituire agli abitanti dell’isola il panorama consueto, liberato dall’inquietante grattacielo mostruosamente inclinato a due passi da terra, a memoria di un incidente assurdo costato 32 morti per cui è ancora in corso il processo, centocinquanta testi da ascoltare nel corso dell’autunno e il comandante Schettino rimasto unico imputato dopo i patteggiamenti degli altri. Intanto, il viaggio: 30 cassoni installati sulle fiancate del relitto, che svuotandosi dell’acqua di zavorra daranno la spinta necessaria a fare galleggiare lo scafo all’altezza del ponte numero 3, con 18 metri di pescaggio. A quel punto, la Concordia potrà partire: accadrà dopo il 20 luglio, quando le condizioni del mare sono le migliori secondo le statistiche di metereologi e dei turisti, quando è meno probabile che le onde superino i due metri e il vento i 15 nodi: condizioni, queste, che bloccherebbero tutto. Trecentosettanta chilometri, circa 200 miglia marine, alla velocità di due nodi, due e mezzo al massimo: un trasporto studiato in estrema sicurezza, con mezzi, equipaggiamento e personale specializzato e perfino un team di esperti biologi marini a garantire interventi d’emergenza. Due rimorchiatori oceanici a prua, e due rimorchiatori portuali a poppa, e una rotta che vedrà la Concordia trainata dapprima a est, per poi piegare a sud a 10 km da Giannutri, passare a 15 km a sud di Montecristo, a 30 km da Bastia, a 10 da Capraia, a 20 da Pianosa e a 25 dall’Elba. Infine, prua verso Genova: «Una rotta studiata per aver il minor impatto possibile con il traffico marittimo e con le aree protette», spiegano alla Costa, a cui lo smantellamento verrà a costare 100 milioni di euro, da aggiungersi al miliardo e mezzo tra danni e risarcimenti, e precisano che tutto è stato previsto nei particolari: che si debba riparare in “zone di ridosso” in caso di eventi metereologici sfavorevoli, che alcuni dei trenta cassoni possano cedere e affondare, che fuoriescano residui di combustibile (ma le casse del combustibile sono da tempo ormai svuotate), e che si debba evitare un impatto con cetacei: la Concordia attraverserà in pieno la parte alta del Tirreno conosciuta come Santuario dei Cetacei, quello dove turisti e studiosi si avvicendano in avvistamenti e incontri ravvicinati emozionanti. Saranno cinque giorni di viaggio così, spettacolari e supertecnologici, che fin d’ora spingono qualcuno a progettare percorsi di accompagnamento turistico del relitto alla meta finale: ed è già polemica, per il rischio che diventi spettacolo ciò che spettacolo non dovrebbe essere. A Genova la Concordia approderà alla diga esterna del terminal container di Voltri, nel Ponente genovese, e da lì, in banchina, incomincerà a essere spogliata degli arredi di tutti i ponti che stanno al di sopra della linea di galleggiamento. Diminuito il pescaggio ( la parte di nave che sta sotto all’acqua) a 15 metri, per poi scendere a 12, la nave così alleggerita potrà spostarsi al «Molo ex superbacino» del porto di Genova, per la demolizione dei ponti e dei cassoni di galleggiamento, e infine, nel bacino di carenaggio, dove sessantamila tonnellate d’acciaio verranno fatte a pezzi e compattate in blocchi che prenderanno la strada della Duferco di Brescia. Là la Concordia incomincerà una nuova vita, perché la filiera dell’acciaio permette un ottimo riciclo: i forni bresciani inghiottiranno materiale di ottima qualità destinato all’ossatura di nuovi palazzi e capannoni industriali. È stata questa una delle garanzie migliori del progetto genovese, affidato ad un consorzio formato da Saipem, azienda a partecipazione pubblica del Gruppo Eni, leader nei progetti di Ingegneria e Ambiente, e San Giorgio del Porto, cantiere attivo nelle riparazioni e conversioni navali dal 1928, e la Titan Micoperi. «Genova», ha dichiarato alle agenzie di stampa il presidente dell’Autorità portuale genovese Luigi Merlo, «in Italia era l’unico porto ad avere le strutture, perché comprende fondali profondi venti metri, il bacino adatto e le imprese specializzate già presenti. È riuscita a convincere gli interlocutori delle sue buone ragioni grazie a un lavoro di squadra». È la vita che va avanti: da un tragico naufragio, una commessa di un centinaio di milioni di euro che può aprire nuove prospettive. A una città, a un porto, a molte famiglie. Daniela Ghia
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