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Majorca l'isola degli scrittori
George Sand sbarcò a Palma de Majorca l’8 novembre del 1838 dopo un viaggio di 18 ore da Barcellona. La scrittrice francese, il cui vero nome era Amandine Aurore Lucile Dupin, aveva all’epoca 34 anni, e fu una delle prime viaggiatrici ad approfittare del vapore El Mallorquin, velocissimo per quei tempi, messo in servizio appena un mese prima. Fino ad allora, le navi a vela impiegavano almeno dieci giorni per compiere le 135 miglia marine (circa 240 chilometri) che separano Barcellona dal porto di Palma de Majorca. George Sand non era sola: l’accompagnavano i figli Maurice e Solange, rispettivamente di 13 e 10 anni, e il suo ultimo amante, il musicista polacco Frédéric Chopin, di sei anni più giovane di lei. L’idea di soggiornare in quell’isola delle Baleari era nata dalla raccomandazione del medico, il dottor Gaubert, di trascorrere l’inverno al caldo e al sole, perché Chopin guarisse dalla brutta tosse che lo affliggeva dall’inizio dell’autunno e il giovane Maurice fosse protetto dagli attacchi di reumatismo ai quali andava soggetto. Al soggiorno, durato poco più di tre mesi, George Sand doveva poi dedicare un libro («Un inverno a Majorca»), mentre a Chopin l’isola ispirò alcune delle sue più famose composizioni come il «Preludio delle gocce di pioggia» o la «Ballata in fa minore» detta appunto «Mallorquina». Il musicista aveva voluto a tutti i costi far venire da Parigi il suo pianoforte Pleyel: il viaggio dello strumento, avventuroso e difficile, rappresentò una peripezia in sé. A Majorca la coppia non ebbe vita facile. Tanto per incominciare, un gruppo di avvocati majorchini prese in considerazione (ma fortunatamente presto abbandonò) l’ipotesi di trascinare davanti al tribunale quella «scrittrice immorale», quella femmina scandalosa che si comportava come un uomo: indossava camicia e pantaloni e fumava il sigaro. Poi il signor Gomez, un ricco borghese che aveva affittato loro una casa, decise di sfrattarli da un giorno all’altro perché, spaventato dalla tosse di Chopin, temeva il contagio della tubercolosi: per prudenza bruciò i mobili e se li fece rimborsare dagli sfrattati che alla fine trovarono rifugio (e alloggio) nella certosa di Valldemossa, a 17 chilometri da Palma, dove alcune celle monacali venivano date in affitto a buon prezzo. Con il capitolo dedicato alla scrittrice francese si apre il nuovo (e sedicesimo) libro di Franco Mimmi, «Majorca l’isola degli scrittori», edizioni Lampi di stampa. La scelta del titolo, come quella dell’argomento, non sono certo casuali, visto che Franco Mimmi si è stabilito da tre anni a Palma e il suo nome potrebbe benissimo essere l’ultimo dell’elenco di autori che hanno amato l’isola delle Baleari e vi sono vissuti per periodi più o meno lunghi. Comunque non abbiamo dubbi: prima o poi anche il nome di Franco Mimmi entrerà nella lista, che sarebbe molto più lunga se l’autore non avesse deliberatamente scelto di farvi figurare soltanto scrittori stranieri e non spagnoli. Con un’unica eccezione, quella del Premio Nobel Camilo José Cela, che essendo nato in Galizia non è propriamente un estranger (straniero) come dicono i majorchini, ma comunque un foraster. Majorca, scrive Franco Mimmi, «è un’isola piccola ma non tanto piccola, un’isola grande ma non molto grande, acqua e sabbia, roccia e alberi, colline fertili e monti scoscesi, un universo in miniatura, una perla». Non c’è da stupirsi che sia diventata un’attrazione invincibile per quegli “strani animali” che sono gli scrittori. I quali, infatti, sono venuti a frotte da tutti il mondo, uomini e donne, in cerca di bellezza e di tranquillità, per nutrire la loro ispirazione, per scrivere un libro o anche un solo verso, per vivere da eremiti o mescolarsi agli isolani, per una breve vacanza o per un lungo soggiorno. Nella lista degli scrittori estrangers innamorati di Majorca si trova, anzitutto, Luigi Salvatore d’Asburgo-Lorena, principe di Toscana e arciduca d’Austria, che sbarcò nell’isola nel 1867 e vi soggiornò fino allo scoppio della Grande Guerra. Era un uomo colto, un letterato, autore di una cinquantina di opere, la più importante delle quali è la monumentale «Le Baleari in parole e immagini», sette volumi per quasi seimila pagine, nella quale si descrive nei particolari l’arcipelago affascinante e (all’epoca) ancora selvaggio. Il libro di Franco Mimmi è una miniera di informazioni, di aneddoti gustosi (e anche di qualche pettegolezzo). La galleria dei ritratti degli scrittori che amarono Majorca prosegue con il grande poeta nicaraguense Rubén Darìo, l’americana Gertrude Stein con la sua amica Alice B. Toklas, l’argentino Jorge Luis Borges, che scrisse in una poesia in prosa: «Majorca è un luogo simile alla felicità, adatto per esservi lieto, adatto a uno scenario di letizia...». L’inglese Robert Graves, autore dei famosissimi libri «Io, Claudio» (la vita dell’imperatore romano raccontata sotto forma di autobiografia) e «La Dea bianca», sbarcò a Majorca nel 1929, ripartì nel 1936 allo scoppio della guerra civile spagnola, tornò nell’isola nel 1946 e vi restò fino alla morte nel 1985, nella bella casa che si era fatto costruire nel paesino di Deià. Robert Graves era amico della star di Hollywood Ava Gardner, che fu varie volte ospite sua a Majorca. Una volta l’attrice partecipò alla festa del paese e si invaghì di un agente della “guardia civil”, solido giovane dai fieri mustacchi. Lo invitò a ballare, ma il benemerito declinò l’invito: mettendosi sull’attenti, rispose: «Sono in servizio, signora». L’elenco continua con un altro inglese, D. H. Lawrence, autore di un romanzo che fece scandalo negli anni Venti del XX secolo, «L’amante di Lady Chatterley». Con Lawrence c’era la moglie Frieda Von Richthofen, una parente del leggendario pilota tedesco soprannominato «il barone rosso». La lista prosegue soprattutto con la mitica autrice di romanzi gialli Agatha Christie, che soggiornò a Majorca nel 1932 di ritorno da un viaggio in Egitto e a Gerusalemme. L’isola delle Baleari le ispirò un racconto intitolato «Problem at Pollensa Bay», ambientato sulla sponda della Baia di Pollença, non lontano da Palma. Soggiornò a Majorca anche Natasha Rambova, la vedova di Rodolfo Valentino: qui scrisse un libro di ricordi intitolato «Rudy: un ritratto intimo scritto da sua moglie». Venne nel 1935 Albert Camus, futuro acclamato autore de «Lo straniero» e futuro Premio Nobel. Aveva 22 anni, neppure compiuti, e lo accompagnava la moglie Simone Hié, un’attricetta nata come lui in Algeria: l’aveva “soffiata” al suo amico poeta e scrittore Max-Pol Fouchet, pure nato in Algeria, e nel giugno dell’anno prima l’aveva sposata. A Majorca sono legati i nomi di altri due Premi Nobel, lo spagnolo Camilo José Cela, e il guatemalteco Miguel Angel Asturias. Majorca potrebbe essere definita come «l’isola della letteratura», visto che proprio qui nacquero due fra i più importanti premi letterari del secolo XX, il premio Formentor e il premio internazionale di letteratura. Formentor è il nome di un albergo di lusso, che esiste sempre, e fu aperto nel lontano 1930 da un miliardario argentino con origini tedesche, Adàn Dihel Altgelt. I due premi contribuirono ad attirare nell’isola un gran numero di scrittori di tutto il mondo, prima che il regime franchista reagisse contro quella che si era trasformata in una vera e propria tribuna contro la dittatura del Caudillo. Si mantenne il nome, ma la sede dei premi divenne itinerante: Corfù (1963), Salisburgo (1964), Gammarth in Tunisia (1965), e via discorrendo. Oggi il Premio Formentor è dotato di una bella somma (50 mila euro), e non ha perso nulla o quasi del suo prestigio: negli ambienti letterari è sempre soprannominato «l’anticamera del Nobel». Paolo Romani
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