L'anatema a chi adora il denaro

«Quelli che non sono in questa strada di bene, come i mafiosi, non sono in comunione con Dio, sono scomunicati». Una parola antica, terribile. La scomunica. L’anatema. Papa Francesco la lancia dalla Piana di Sibari, nel pomeriggio di sabato 21 giugno, nell’omelia della messa che sta celebrando davanti a 250 mila persone in questa estensione che degrada dalle alture verso il mare e che potrebbe segnare, con un’agricoltura tecnologica e selettiva, il riscatto delle terre del Sud.

E’ sceso quaggiù, Francesco, per far visita alla diocesi di Cassano allo Jonio, una piccola entità ma ricca di fermenti. Vuole rinnovare il suo grazie alla comunità per aver chiamato a Roma il suo vescovo, Nunzio Galantino, per nominarlo segretario generale della Cei. Ma non lo sradica dalla sua terra. Non fa di lui un emigrante. Semmai un pendolare. E i fedeli ringraziano il Papa per questo.

Non ci sono solo i diocesani di Cassano. Sono venuti da tutte le diocesi e parrocchie della Calabria, con i loro vessilli, le loro bandiere, gli striscioni, i fazzoletti gialli. Ci sono pure i greco-albanesi della contigua diocesi bizantina di Lungro, con in testa il loro vescovo, Donato Oliverio. E il Vangelo viene declamato nelle tipiche cadenze orientali pure in greco, col Papa che pronuncia la rituale formula nella lingua dei Padri della Chiesa, «pace a tutti», e il coro gli canta «Polikronion», lunga vita al Papa di Roma, al Pastore dei cattolici.

Non si può escludere che i mafiosi abbiano mandato qui le spie, i loro picciotti, gli “’ndranghetosi”. La ’ndrangheta, il braccio calabrese della mafia, come la camorra è il braccio napoletano e la Sacra corona unita è il braccio pugliese. Altri nomi non sono stati dati, ma la mafia è dappertutto, al Centro e al Nord, nella droga e negli affari, nella politica e nelle amministrazioni. La nomina, Francesco. E la dichiara scomunicata. E’ definito e definitivo. Mafiosi fuori della Chiesa. Fuori dal Corpo di Cristo. «La 'ndrangheta è questo», scandisce Francesco, «adorazione del male e disprezzo del bene comune. Questo male va combattuto, va allontanato, bisogna dirgli di no». Gli studiosi stanno ora valutando i risvolti che la condanna può avere per la malavita organizzata. Si ritiene che i mafiosi siano cattolici e a loro modo anche praticanti. Ma alcuni studiosi vedono nella loro fede una forma di paganesimo. Anche il mito che rispettano le donne e i bambini è crollato di fronte allo spietato omicidio del piccolo Cocò. La vera natura della mafia verrà messa ai raggi x nei seminari della Calabria.

Un obiettivo, questo, della guerra contro la ‘ndrangheta a cui chiama il Papa: «La Chiesa, che so tanto impegnata nell'educare le coscienze, deve sempre più spendersi perché il bene possa prevalere. Ce lo chiedono i nostri ragazzi. Ce lo domandano i nostri giovani, bisognosi di speranza, Per poter rispondere a queste esigenze, la fede ci può aiutare». I giovani, anche in Calabria, sapranno opporsi «al male, alle ingiustizie, alla violenza con la forza del bene, del vero e del bello». Il progetto Policoro è «un segno concreto di speranza per i giovani che vogliono mettersi in gioco e creare possibilità lavorative per sé e per gli altri». Ripete il suo grido: «Voi, cari giovani, non lasciatevi rubare la speranza!».

Nel carcere di Castrovillari, prima tappa della visita, Bergoglio ha incontrato il padre e altri familiari di Cocò Campolongo, il bambino di tre anni ucciso e bruciato in macchina. Un delitto feroce che continua a commuovere. «Mai più succeda che un bambino debba avere queste sofferenze. Prego continuamente per lui, non disperate», ha detto alla mamma e alle nonne del piccolo, che hanno pianto. Per i detenuti ha sottolineato l’esigenza di «rispettare i diritti umani e favorirne il reinserimento». Col rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo, si pone l'esigenza di «corrispondenti condizioni di espiazione della pena». In proposito, «l’attenzione deve rimanere sempre alta». Nel carcere è detenuto anche Dudu Nelus, il romeno di 27 anni accusato dell'omicidio di don Lazzaro, il sacerdote ucciso davanti alla sua chiesa.

E si torna al tema della festa; il Corpus Domini, l’istituzione dell’Eucaristia, che caratterizzano la vita del popolo cristiano. «Un popolo che adora Dio e un popolo che cammina». Ma quando «all’adorazione del Signore si sostituisce l’adorazione del denaro, si apre la strada al peccato, all’interesse personale e alla sopraffazione. Quando non si adora Dio, il Signore, si diventa adoratori del male come lo sono coloro i quali vivono di malaffare e di violenza. La vostra terra, tanto bella», ha affermato il Pontefice, «conosce i segni e le conseguenze di questo peccato. La ’ndrangheta è questo, adorazione del male e disprezzo del bene comune. Questo male va combattuto, va allontanato. Bisogna dirgli di no!».

Il male che ci accompagna. Ne parla pure in piazza San Pietro il giorno dopo il rientro dalla Calabria. il 26 giugno, ricorda Bergoglio, ricorre la Giornata delle Nazioni Unite per le vittime della tortura. «In questa circostanza ribadisco la ferma condanna di ogni forma di tortura e invito i cristiani ad impegnarsi per collaborare alla sua abolizione e sostenere le vittime e i loro familiari. Torturare le persone è un peccato mortale». La preghiera in cima a tutto. La festa di San Pietro cade a proposito con la celebrazione di riti solenni. Si avvicina anche il Sinodo dei vescovi, che in ottobre affronterà temi cruciali sulla famiglia, come rileva l’Instrumentum laboris, l’agenda dei lavori, appena presentata, e non si ferma l’apostolato itinerante di Francesco.

Dal 4 al 6 luglio in Molise, a Isernia e a Campobasso, dove è vescovo Bregantini, così osteggiato dalla mafia in Calabria. La Corea in pieno agosto per una preghiera di riconciliazione in un Paese diviso a metà tra Nord e Sud. E il 21 settembre nella dirimpettaia Albania, una nazione, rileva Francesco, che «ha molto sofferto per le ideologie del passato». E’ di fronte, ma così lontana, sempre occupata: dai turchi e dall’Italia, poi dalla Russia e infine dalla Cina e oggi forse libera. Un Paese che dopo le grandi ondate migratorie sembra aver trovato un suo equilibrio.

ANTONIO SASSONE



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